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Donne e HIV: un'epidemia sessista?

07 marzo 2023

"L'epidemia di HIV è uno specchio sulle disuguaglianze e le ingiustizie con cui le donne e le ragazze si confrontano nel mondo ogni giorno. Quanto più servizi e diritti sono assenti, tanto più l’epidemia si aggrava. Questo è inaccettabile, è evitabile e deve finire”.  Winnie Byanyima, direttrice esecutiva di UNAIDS
 

Ventisette anni fa i governi hanno compiuto un passo storico adottando la Dichiarazione di Pechino, la più avanzata e completa mappa  strategica globale per il rispetto dei diritti umani delle donne e per il raggiungimento della parità di genere nel mondo.

Sono stati compiuti progressi in molti settori, ma l'AIDS rimane ancora la principale causa di morte per le donne tra i 15 e i 49 anni e circa 5.000 giovani donne tra i 15 e i 24 anni contraggono l’HIV ogni settimana.

La prima enorme criticità da superare è l’eliminazione della violenza contro le donne. Nelle aree ad alta prevalenza di HIV, è stato riscontrato che la violenza da parte del partner aumenta del 50% il rischio che le donne acquisiscano l'HIV. 

Anche la positività al test HIV può essere un fattore scatenante della violenza: le donne che vivono con HIV nel mondo denunciano frequentemente violenze da parte di partner, membri della famiglia o della comunità, e nei servizi sanitari.

I rapporti UNAIDS degli ultimi dieci anni confermano che il rischio di contrarre HIV aumenta se si appartiene, o si viene associate, a comunità emarginate o solitamente stigmatizzate, come sex worker, utilizzatrici di droghe iniettive, donne transgender e donne in carcere. 

Ad oggi disuguaglianza di genere, criminalizzazione dello stato sierologico e violazioni dei diritti umani impediscono di fatto di sconfiggere l’epidemia. 

Affinché la risposta a HIV/AIDS sia pienamente efficace, nei paesi a risorse elevate come nei paesi a risorse limitate,  le politiche dei governi devono in primis rispondere ai bisogni delle donne e delle ragazze. 

Ciò include garantire l’accesso ai farmaci, interventi mirati sugli adolescenti basati sulla peer education, educazione sessuale e all’affettività, superamento dell’obbligo del consenso dei genitori per l’accesso al test prima dei 18 anni di età. 

L’accesso all’istruzione emerge anche come fondamentale strumento: ogni anno di scuola in più si traduce direttamente in un abbassamento del rischio di contrarre HIV. Tuttavia quasi una ragazza adolescente su tre, proveniente dalle famiglie più povere del mondo, non è mai andata a scuola.

L'autonomia economica delle donne è ovviamente un’altra fondamentale discriminante: le donne hanno ancora oggi molte meno opportunità economiche degli uomini, a parità di lavoro non equivale parità di salario, e si fanno carico della maggior parte dei lavori domestici e di cura non retribuiti. 

HIV, DONNE E RICERCA

Il CROI 2023 - la 30esima Conferenza su Retrovirus e Infezioni Opportunistiche - ha confermato che le donne, globalmente, sono ancora i soggetti maggiormente vulnerabili all’HIV e con la più alta probabilità di acquisire l’infezione.

Questa vulnerabilità ha ragioni sia sociali che biologiche, ma è anche la conseguenza di una sottorappresentazione delle donne negli studi clinici che ha caratterizzato la ricerca sin dall’inizio dell’epidemia. 

All’ultima AIDS Society Conference, nel 2021, le donne erano ad esempio rappresentate soltanto nel 7% degli studi presentati. In molti casi infatti i farmaci vengono testati sugli uomini e non si conoscono con la stessa precisione degli effetti stessi farmaci sulle donne o sulle donne in gravidanza.

Eppure a livello globale sono proprio le donne a essere la popolazione HIV positiva più grande in assoluto.

Questa esclusione sistematica viene motivata dal fatto che le donne potrebbero restare incinte e quindi modificare il loro assetto clinico, e scongiura la possibilità che lo studio causi danni al feto. 

In molti casi inoltre, quando si riesce a reclutare pazienti donne, è registrato un rischio di abbandono più alto rispetto agli uomini. Questo anche perché gli studi sulle donne vengono condotti principalmente nei paesi a risorse limitate, dove però sarebbero necessari una serie di accorgimenti per permettere a un maggior numero di donne di accedervi e, soprattutto, rimanere nello studio fino alla fine.

Per ottenere risultati che permettano alle donne di proteggersi, o di convivere meglio con l’infezione da HIV, la ricerca oggi deve assumere una prospettiva di genere. 

Serve un coinvolgimento delle comunità e l’implementazione di buone pratiche, così come rivedere gli orari degli ambulatori in base alle esigenze delle madri, il sostegno rispetto alla cura dei bambini e, ultimo ma non meno importante, che sia previsto un ritorno, in termini di dati ma anche (se necessario) in termini economici, a chi partecipa alle ricerche.

HIV E MATERNITÀ
  Il 31 gennaio 2023 il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti ha aggiornato le linee guida per la prevenzione perinatale dell'HIV. 

Al contrario delle linee guida precedenti, dove alle donne HIV positive veniva specificamente raccomandato di non allattare al seno, nelle nuove raccomandazioni si  esortano gli operatori a informare esaustivamente le loro pazienti su benefici e rischi delle varie opzioni di alimentazione infantile, compreso l'allattamento al seno.

La dottoressa  Judy Levison, ginecologa del Baylor College of Medicine di Houston, tra gli estensori delle linee guida, ha evidenziato in una recente intervista l’importanza di tenere conto che le donne HIV positive che seguono una terapia antiretrovirale efficace, e sopprimono così la viremia, hanno una probabilità di trasmettere il virus al bambino inferiore all’1%.

La possibilità di allattare al seno, oltre ad essere vantaggiosa per il bambino, è ritenuta imprescindibile anche a livello culturale in molte comunità. Non poter allattare equivale per le donne HIV+ a un forte elemento di discriminazione.

Per le donne che vivono con HIV in paesi a risorse limitate, l’allattamento al seno è lo standard di cura, in quanto è ampiamente dimostrato che, a fronte di un rischio estremamente basso di trasmissione dell’HIV, aumenta la sopravvivenza e il benessere dei bambini.

Nei paesi a risorse elevate, come USA e molti paesi europei, l’allattamento al seno non è ancora stato “sdoganato”, in quanto, pur essendo ormai accolto dalla comunità scientifica l’assunto U=U (Undetectable = Untrasmittable) sulla trasmissione sessuale, non vi sono studi sufficienti a dimostrare la non trasmissibilità attraverso il latte materno.

La revisione delle linee guida americane, accolta con grande favore dalle associazioni che hanno come focus il benessere delle donne che vivono con HIV, può rappresentare un volano per altri paesi, compreso l’Italia. 

Per una gestione equa e non discriminatoria dell’epidemia la ricerca sulle donne ha bisogno di maggiori investimenti. Allo stesso modo, su allattamento, PrEP e nuovi farmaci, è necessario divulgare informazioni corrette e aggiornate che mettano sempre al centro il diritto all’autodeterminazione. 
 

Assicurare le tutele legali per porre fine alla discriminazione di genere e garantire alle donne l'uguaglianza di fronte alla legge è fondamentale per far progredire la risposta alla crisi dell’HIV.
 

https://www.medicalexcellencetv.it/nelle-donne-con-hiv-gravidanza-sicura-per-mamma-e-figlio-a-icar-2021-illustrate-le-ultime-ricerche-rivoluzionarie/
https://www.thewellproject.org/hiv-information/can-i-breastfeed-while-living-hiv
https://www.poz.com/article/women-missing-hiv-treatment-trials
https://www.aidsmap.com/news/feb-2023/not-counted-clinical-trials-new-hiv-treatments-are-failing-women
https://www.thebodypro.com/article/lack-of-women-inclusion-hiv-clinical-trials